
Era l'estate del 2005 quando Tullio Pinelli, una delle penne più raffinate del cinema italiano, ma si potrebbe dire del cinema del '900 tout court, affidava un baule ricolmo di scartoffie allo studioso e critico Augusto Sainati.
Lo sceneggiatore di "La dolce vita", ormai 97enne, confessò in quella circostanza di non ricordare il contenuto di alcuni quaderni, scritti più di sessant'anni prima. Probabilmente, però, intuiva che tra essi vi fossero documenti inediti molto preziosi che lo studioso poteva utilizzare per ricostruire uno spaccato dello straordinario clima creativo che tra gli anni '30 e '50 ha animato le cosiddette "botteghe di sceneggiatura" romane, la vera fucina del Neorealismo, o se si vuole, del cinema moderno.
Source: http://www.fanpage.it/
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