Presepe o presepio? Di certo, è italiano quello più antico al mondo

Dec 23, 2019 1224

BY: Alina Di Mattia

Si trova in Sicilia, a Siracusa, la prima rappresentazione figurativa della Natività. “Si dispone la greppia, si porta il fieno, sono menati il bue e l'asino. Si onora ivi la semplicità, si esalta la povertà, si loda l'umiltà e Greccio si trasforma quasi in una nuova Betlemme.” (Tommaso da Celano,  primo biografo di San Francesco)

La rievocazione del santo di Assisi

Era la notte del 25 dicembre 1223. In Umbria, sulla via che conduce a Rieti, esattamente a Greccio, ebbe luogo la prima rappresentazione vivente della Natività della Storia. Fu Francesco d’Assisi a realizzarla, dopo aver ottenuto il benestare di Papa Onorio III. Era rimasto impressionato dalla rievocazione della nascita di Gesù alla quale aveva assistito l’anno precedente a Betlemme, ed era tornato con la ferma intenzione di riproporla nella sua terra che tanto somigliava ai paesaggi della regione di Davide.

“Al freddo e al gelo”, come recita una popolare canzone dedicata a Gesù bambino, fu riempita una grotta di paglia, quale simbolo del centro del mondo, e allestita con gli elementi distintivi della tradizione cristiana. In primo piano e in adorazione di Gesù le figure di Giuseppe e Maria, incarnazioni della bontà e dell’umiltà, virtù sottolineate dall’atteggiamento dimesso e dai colori della terra dei loro abiti. Entrambi illuminati dal manto celeste della donna: un chiaro riferimento al regno universale dal quale proviene il Figlio di Dio. In mezzo a loro il piccolo Gesù adagiato nella mangiatoia, metafora della fame spirituale dell’umanità. Al cospetto del bambino un asinello e un bue che, secondo la versione più accreditata, rappresentano rispettivamente l'Antico e il Nuovo Testamento.

La scena viene ricostruita  in mezzo ai ruderi della montagna, emblema della decadenza del genere umano. Sul terreno circostante pastori e mendicanti vestiti di stracci, ad indicare una povertà terrena che si contrappone alla ricchezza spirituale. Poco distante, l’arrivo del Re Magi, astrologi e sapienti provenienti da Gerusalemme, in grado di leggere le costellazioni e al seguito della cometa luminosa che li avrebbe condotti dinnanzi al nuovo Re. Infine, la veglia notturna degli angeli, entità celestiali a protezione della sacra famiglia.

Alla prima messa legata alla rappresentazione vivente della Natività presero parte gli abitanti di tutto il circondario. Qualcuno arrivò con una cesta di grano, qualcun altro con il pane appena sfornato, mentre i frati si adoperarono per rischiarare la notte con delle candele regalando all’ambientazione la suggestiva atmosfera vissuta in Palestina. Secondo quanto riportato dalle agiografie, un bambino apparve nella culla e fu sollevato proprio dal futuro santo. L’episodio ispirò il celebre affresco di Giotto titolato, appunto, il ‘Presepe di Greccio’, che oggi si può ammirare presso la Basilica superiore di Assisi.

La prima raffigurazione della Natività

I primi a descrivere la rievocazione sacra che, a partire dall’800 circa, entra a far parte della consuetudine cristiana durante il periodo natalizio, furono  i 180 versetti dei Vangeli di Luca e Matteo, nei quali viene raccontata dettagliatamente la nascita di Gesù. Ma la tradizione, prevalentemente italiana, dell’allestimento del presepe sembra avere tracce ancora più remote di quel lontano Natale a Greccio.

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Difatti, una rappresentazione figurativa dell’evento archetipo, con tutta probabilità quella più antica al mondo, si trova in Italia, nella Chiesa di San Giovanni a Siracusa. È scolpita su un sarcofago risalente all’epoca di Costantino (300 circa d.C.), dedicato ad Adelfia, "femina clarissima". Il marito, il conte Valerio,  ne volle onorare la memoria decorando l’urna con immagini della nascita di Cristo e dell’adorazione dei Re Magi. Fu rinvenuta nel 1872 nei cunicoli delle catacombe di San Giovanni in Sicilia, ed è oggi conservata presso il Museo Paolo Orsi. 

La disputa tra presepio e presepe

I termini di origine latina praesepium o praesaepe, che significano rispettivamente ‘mangiatoia’ e ‘stalla’, hanno dato vita a un contradditorio ancora acceso. Tuttavia, per porre fine alla lunga querelle, è utile sottolineare che sia il Petrarca sia il Manzoni usavano indistintamente entrambe le forme. Pertanto la differenza non sussiste, a parte la scelta poetica di utilizzare più frequentemente il secondo termine invece del primo.

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